Un metodo per sfasciare

Il Pri fra verbalismi e personalismi

di Francesco Nucara

Luigi Salvatorelli in un articolo sulla "Nuova Europa", dal titolo "la nuova democrazia", del 17 febbraio 1946, così scriveva: "Ma i partiti – quando sono veri partiti, e cioè non aggruppamenti o scissioni basati su equivoci, verbalismi, personalismi, situazioni transeunti, ma espressioni di forze sociali organiche e impostazioni di problemi politici fondamentali – non muoiono facilmente".

Da questo condiviso assunto e dalla vivisezione delle parole che in questo assunto esprimono concetti profondi possiamo capire la crisi che attraversa il Partito Repubblicano Italiano.

Ci sono tutti gli ingredienti per fare uno spaccato della situazione odierna del PRI.

E tuttavia, a quanti pensano a scissioni, verbalismi (e noi aggiungiamo: senza nessun contenuto, proprio perché espressioni solo verbali) possiamo dire che, avendo riempito di contenuti il nostro ultimo Congresso Nazionale , abbiamo la certezza di non morire facilmente.

Le vie di fuga che dirigenti autorevoli, pseudo-autorevoli (e talvolta neanche pseudo!) ci inducono a pensare a quanto basso tasso di repubblicanesimo ci sia nei loro animi e di quanta vanagloria siano pieni i loro cuori.

Chi vuole lavorare per far crescere il PRI ha tutto lo spazio politico che desidera, anche se quando gli è stato concesso, con aperture significative e coscientemente considerate utili per lo sviluppo dell’idea repubblicana, di risposte non ne abbiamo avute.

La cosa che ci preoccupa di più è che si ribaltino i concetti fondamentali di una coscienza politica : prima il ruolo e poi, forse, "ti dimostrerò di essere all’altezza" …

La misura è colma. Non ci sono più partiti repubblicani: ce n’è uno solo e chi ha idee le eserciti all’interno di esso e si faccia un esame di coscienza sui propri comportamenti, non sempre limpidi e spesso con venature gesuitiche - nell’accezione peggiore del termine – che non fanno onore alla verità e alla storia recente e passata del repubblicanesimo.

La minoranza uscita dal Congresso del PRI con una mozione che si chiama Terzo Polo costruisce alleanze a livello locale con la sinistra anche estrema, lasciando sulla porta il terzo polo. Dov’è la coerenza di questo fatuo progetto? Si trovano formule senza senso per nascondere altri obiettivi.

Quando un’esperienza si è esaurita non si resuscita niente e nessuno. Ci vorrebbero miracoli, ma visto che parliamo di politica, possiamo provare, tutti insieme, a farne uno laico. Nessuno è disposto a fare il pupazzo a "tre palle un soldo". Se qualcuno ci fosse è un problema esclusivamente suo, che non riguarda e non può riguardare nessun repubblicano degno di questo nome.

Avevamo indicato in anticipo (La Voce Repubblicana del 3 novembre) quale potrebbe essere la soluzione per i problemi del Paese, ma ci sentiamo dire che il PRI deve uscire dalla maggioranza. Potrei dire che la colpa è di Basaglia che ha aperto i manicomi.

Bisogna pur dire che della minoranza fanno anche parte amici repubblicani che, pur non condividendo la linea della maggioranza, sono capaci di fare una contestazione politica, senza scendere in becere considerazioni personali.

La politica, quella con la P maiuscola, non è riservata ad una classe di privilegiati. L’acume politico, la capacità di esposizione, il patrimonio storico di umiltà e di predisposizione umana verso le classi più deboli non si ereditano e non si conquistano se non a forza di sacrifici e di confronti mai inutili, ma sempre pieni di arricchimento nella conoscenza dei problemi.

Scriveva Mazzini sul "People’s Journal" del 28 agosto 1846: "Amici e nemici cominciano ad ammettere tutto ciò. E tuttavia se i primi salutano lo sviluppo di questo fatto con inni di gioia, i secondi persistono a considerarlo come qualcosa di anormale, come un flagello inevitabile, contro il quale il cuore umano è irresistibilmente spinto a opporsi. Questi ultimi sono corrotti, mi si può dire, e governati dall’egoismo. Questo è vero per molti, ma nelle loro file si possono trovare uomini retti, capaci di buoni sentimenti, evidentemente sotto il giogo di erronee convinzioni."

In vista del prossimo Consiglio Nazionale avevamo lanciato un appello perché fin da subito si aprisse un dibattito nel quotidiano del Partito. Da questo dibattito poteva scaturire "una certa idea dell’Italia", che poteva rendere più coesa la piccola forza repubblicana, in vista di una battaglia politica che non sappiamo quanto potrà essere vicina.

Evidentemente gli appelli non servono: le sirene dello sfascio sono più ammalianti!

Noi continueremo a tenere alta l’idea di Mazzini e di Cattaneo, e pur "senza spegnere i lumini", come diceva Ugo La Malfa, vogliamo aggiornarla e modernizzarla.